Lo sguardo
ingenuo coglie il mondo “esterno” con il proprio dolore o la propria allegria. Guardo non solo con l’occhio ma anche con il cuore, con il dolce ricordo, con
il sospetto che mi dà vergogna, con il calcolo freddo, con il paragone segreto.
Guardo attraverso allegorie, segni e simboli che non vedo quando guardo ma che agiscono sul guardare, proprio
come non vedo l’occhio né l’azione
dell’occhio quando guardo.
Per questo,
per la complessità del percepire, quando parlo di realtà esterna o interna
preferisco usare il termine “paesaggio” al posto del termine “oggetto”. E con ciò dò per inteso che
menziono blocchi, strutture e non un oggetto nella sua individualità isolata ed
astratta. Mi interessa anche sottolineare che ai paesaggi corrispondono atti
del percepire ai quali dò il nome di “sguardi” (invadendo, forse
illegittimamente, numerosi campi che non riguardano la visualizzazione). Gli
“sguardi” sono azioni complesse e attive, che organizzano “paesaggi”, e non
semplici e passive azioni di ricezione dell’informazione esterna (dati che
giungono ai sensi esterni) od atti di ricezione dell’informazione interna
(sensazioni del corpo, ricordi, appercezioni). E’ superfluo dire che in questa
mutua implicazione di “sguardi” e “paesaggi”, le distinzioni fra l’interno e
l’esterno si creano in base alla direzione dell’intenzionalità della coscienza
e non secondo gli schemi ingenui che si insegnano nelle scuole.
Se si è inteso quanto detto fin qui, sarà facile comprendere che quando
parlo di “paesaggio umano” sto pensando ad un tipo di paesaggio esterno
costituito sia da persone che da fatti ed intenzioni umane plasmate in oggetti,
nel quale l’essere umano come tale può occasionalmente non essere presente.
Conviene inoltre distinguere fra mondo interno e
“paesaggio interno”, fra natura e “paesaggio esterno”, fra società e “paesaggio
umano”, mettendo bene in chiaro che quando si dice “paesaggio” si sta sempre
includendo chi guarda; situazione, questa, ben differente da quella in cui il
mondo interno (o psicologico), la natura o la società appaiono ingenuamente
esistenti in sé, esclusi da ogni interpretazione.
(Tratto da Silo, "Il paesaggio umano")